Critica
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  • 2024 - Progetto grafico: Alfonso Russo - Web Design: Giulia Satta - Foto: Marina Paola Boi 0

Critica

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È pittore che sarebbe stato stimato da Italo Calvino. Le sue composizioni narrano di vicissitudini medioevali, in un delizioso incantato affresco.
Paolo Levi, "La Repubblica", 1998

Lo spazio pittorico è tagliato in due da una linea blu, sottile e orizzontale: linea precaria di galleggiamento, livello di annegamento sempre alto nell'impaginazione del quadro, riduzione ai minimi termini dell'acqua viva. Le barche, porzioni di circonferenze su cui viaggiano i suoi cavalieri medioevali, di un medioevo sognato, ne sono attraversate. Non c'è pathos in queste tavole, il fondo amaro su cui poggiano le fondamenta delle architetture geometriche ed eleganti, archi, torri aragonesi o saracene, castelli progressivamente inghiottiti dalla marea montante, il dramma incombente e possibile, è vissuto a distanza, risolto sotto il segno della leggerezza.
Marco Noce, "Il Quotidiano",1998

Arte e sensibilità ecologista, ovini e maiali, polli e lupi, dipinti e scolpiti, specchio di una realtà offesa e negata.. "Storie di pecore ed altri animali"
Cristina Nadotti, "La Nuova Sardegna", 1998

"Storie di pecore e altri animali". Doppia personale di Renato Fancellu e Marco Marras: il primo, ben noto sulla scena figurativa nazionale, il secondo al suo esordio pubblico. Diciamo subito che il tandem è particolarmente indovinato: tra i dipinti e i disegni di Fancellu e gli oggetti in legno di Marras c'è più che una semplice affinità tematica, entrambi condividono lo stesso amore per la precisione esecutiva, uno spirito ludico e ironico unito al gusto della divagazione fantastica e soprattutto una forte inclinazione narrativa.
Giuliana Altea, "La Nuova Sardegna", 1998.

La mostra "Morti bianche" sembrerebbe attestare non tanto uno sviluppo quanto un improvviso scarto laterale dell'artista che, accanto a un piccolo gruppo di tele, presenta alcune opere a terra e un trittico a parete. Le une e l'altro decisamente in contrasto con i suoi modi consueti. "Shangai", uno dei pezzi a terra, è un mucchio di aste in tondino di ferro, del tipo utilizzato nei lavori edilizi, buttate su un pannello quadrangolare bianco come i bastoncini di legno nel gioco omonimo, a rendere più chiaro il senso dell'operazione "allusiva alla tragica casualità degli incidenti sul lavoro".
Giuliana Altea, "La Nuova Sardegna", 1999.

I visitatori della mostra parigina, al Château de Bagatelle, sono rimasti colpiti da quegli ometti con un occhio solo, usciti da un medioevo sognato a bordo di barchette-mezzelune sospese in in un mare nero come il cielo, per orizzonte una sottile linea blu. Ometti che bordeggiano precari, due dita sopra flessuose balene, ficcano nel mare remi lunghi e vani, cartesianamente verticali come le pertiche con cui infilzano tonni di cartapesta.
Marco Noce, "L'Unione Sarda", 2001

L'artista propone una pittura zen, priva di artifici. La semplicità del tratto e l'uso del colore evidenziano la ricchezza di un immaginario infinito che ci sprofonda nei nostri sogni d'infanzia.
Philip Sclavon, in catalogo per la personale "Passions d'Hiver", 2003

La sua è una pittura che, pur traendo spunto e ispirazione dalla cultura e dalla natura della Sardegna, non mostra alcun carattere folkloristico e possiede una cifra assolutamente personale che la rende inconfondibile. Le sue figure sognanti e lunari elegantemente stilizzate e le sue scene, spesso in notturna, sono soffuse di un'aura magica.
Eugenia Da Bove, "Il Sardegna, 2006".

Quella di Fancellu è un'arte peculiare, originale e autentica, di forte impatto evocativo-emozionale, è un'arte che potremmo definire Zen, poiché molti aspetti di questa espressione filosofico-artistica vi convergono: essenzialità, funzionalità simbolica sia nella resa stilistica sia nell'iter creandi all'origine dell'opera.
Maria Chiara Sini, in catalogo per la personale "Nuvole", 2009.

Tele che divertono gli occhi e titillano le coscienze senza pedanteria, anche perché diventano una caccia alla citazione. Per questo i pulcini sono piaciuti anche all'estero, a Barcellona, mentre in precedenza gli stralunati omini con un occhio solo avevano colpito i Francesi.
Giampiero Marras, "L'Unione Sarda", 2011.

Ironici e visionari sono i "Pulcini" di Renato Fancellu, artista non nuovo a uscite sorprendenti dalla sua consueta cifra stilistica fatta di figure stilizzate, ritratte fra architetture medievali e vedute notturne al chiaro di luna.
Eugenia Da Bove, in catalogo per la personale "Ripasso", 2011.

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Artista dal tratto inconfondibile. Svelto, elegante, solo in apparenza svagato. Se potesse vivere in una delle sue "Città invisibili" raccontate da Calvino, sceglierebbe "Zenobia", quella che gli somiglia di più. Perché dice "Sorge su un terreno stabile, non ha problemi di fondamenta, eppure i suoi abitanti hanno edificato le case su palafitte" in un moto perenne tra la terra e il cielo.
Grazia Brundu, "La Nuova Sardegna", 2018.

Trovarsi davanti ai lavori di Renato Fancellu è un po' come tornare con la mente agli anni della scuola materna, quando sulle pareti facevano bella mostra di se personaggi ed elementi di mondi mitologici, di fiabe e di una natura sempre presente, a fare da sfondo con le sue forme incantate e incontaminate.
Daniele Dettori, "S&H Magazine", 2018.

Renato Fancellu è uno di quegli artisti che hanno raggiunto (e nel suo caso: da tempo) la riconoscibilità, come basta una nota per sapere con certezza che alla chitarra c'è Carlos Santana, basta un'occhiata a uno dei quadri del pittore sassarese per ritrovare il suo mondo...
Marco Noce, "L'Unione Sarda", 2018.

Babel o Ziqqurat è dunque la rappresentazione in chiave "fancelliana" di una società che tende a diventare multietnica, in cui tutti parlano lingue diverse e incomprensibili agli altri, ma dove, nonostante le resistenze di alcuni, le paure di tanti e la forza storicamente inarrestabile delle grandi migrazioni, tutti tendono allo stesso risultato: poter essere centro ed asse del proprio mondo in una dimensione più universale e onnicomprensiva.
Stefania Sini, "Stoà", 2018.

I temi sociali da lui tattati nel corso degli anni vanno dal maltrattamento degli animali, alla pedofilia, agli allarmi ambientali quali l'inquinamento del pianeta di cui è famoso il suo pesso: "Storia di plastica e balena" realizzato con materiali di scarto nel 2010 ed è proprio la balena uno degli animali più citati da Renato, un simbolo dell'innarrestabile "progresso" dell'umanità, un animale sensibile all'inquinamento, tra i più a rischio di estinzione.
Francesco Zolo, "Sassari, Ieri... oggi... domani...", 2018.